La lotta contro la pirateria audiovisiva ha raggiunto un nuovo punto di svolta con l’operazione internazionale “Taken Down”. Coordinato dalla Polizia Postale italiana, il blitz ha smantellato una delle più grandi reti di streaming illegale mai scoperte in Europa, colpendo duramente il sistema del “pezzotto”. Questa volta, però, il focus non si limita ai fornitori: DAZN ha deciso di puntare direttamente agli utenti illegali, avviando una battaglia che potrebbe rappresentare un precedente storico.
L’indagine e i numeri dello scandalo
L’inchiesta, guidata dal Procuratore Francesco Curcio e dall’aggiunto Sebastiano Ardita della Procura di Catania, ha rivelato una rete criminale transnazionale con base logistica in Europa. Un’organizzazione coordinata da un gruppo internazionale operava tra Italia, Croazia, Olanda, Regno Unito, Svezia, Svizzera e Romania. I numeri parlano chiaro: sequestrati 2.500 canali illegali, bloccati 22 milioni di utenti e perquisite 89 abitazioni, con 11 arresti e 102 indagati.
“L’organizzazione aveva un giro d’affari di 3 miliardi di euro all’anno”, ha spiegato Ivano Gabrielli, direttore della Polizia Postale. “Il danno per le pay-tv, invece, è stato stimato in oltre 10 miliardi.” Non solo: il modello tecnologico utilizzato dai pirati dimostra un livello di sofisticazione mai visto prima, rendendo questa battaglia una sfida sempre più complessa.
DAZN passa all’attacco: colpire chi guarda
DAZN, titolare dei diritti della Serie A e di altre competizioni sportive, ha deciso di alzare il tiro. Non solo si è costituita parte lesa nell’inchiesta, ma ha anche richiesto alla Procura di Catania i nomi degli utenti che hanno usufruito del “pezzotto”. L’obiettivo è chiaro: denunciare chiunque abbia violato i diritti di trasmissione e far applicare le sanzioni previste dalla legge, che vanno da 150 a 5.000 euro.
“Stiamo combattendo una battaglia a guardie e ladri, ma i tentativi dei pirati stanno miseramente fallendo”, ha dichiarato Luigi De Siervo, amministratore delegato della Lega Serie A. DAZN vuole abbattere la percezione di impunità che ha finora protetto gli utenti finali, stabilendo un precedente giuridico capace di cambiare le regole del gioco.
Un modello che viene dall’Inghilterra
L’ispirazione arriva dal Regno Unito, dove la Federation Against Copyright Theft (FACT UK) ha avviato azioni simili, visitando direttamente gli utenti sospettati e imponendo multe salatissime. Per DAZN, replicare questo modello in Italia rappresenterebbe un cambio di paradigma nella lotta alla pirateria, soprattutto considerando che finora la legge italiana non è mai stata applicata con questa severità.
Piracy Shield e il futuro del contrasto alla pirateria
DAZN si sta preparando anche sul fronte tecnologico. Con l’introduzione della piattaforma Piracy Shield, punta a monitorare e prevenire lo streaming illegale, dimostrando un impegno crescente per proteggere i propri contenuti. La piattaforma è solo uno degli strumenti che la pay-tv sta implementando per anticipare le mosse dei pirati e arginare il fenomeno.
Cosa rischiano gli utenti del pezzotto?
Chiunque venga identificato come utente del “pezzotto” rischia conseguenze legali significative. La multa minima di 150 euro è prevista per chi abbia visto un singolo evento illegale, ma si può arrivare a 5.000 euro per gli abbonamenti pirata di lunga durata. Questa azione, definita da molti come una “mossa estrema”, potrebbe scoraggiare molti dall’affidarsi a questi sistemi.
Una svolta epocale o una battaglia infinita?
Nonostante l’impatto immediato dell’operazione “Taken Down”, resta da vedere se questo approccio potrà davvero mettere fine alla pirateria. Il sistema del “pezzotto”, per quanto colpito, ha dimostrato una straordinaria capacità di rigenerarsi, evolvendo le sue tecnologie e metodi. DAZN, però, è determinata a continuare questa battaglia, trasformandola in un esempio per altre piattaforme e leghe sportive. La sfida non è solo legale, ma anche culturale: cambiare la percezione di chi crede che guardare una partita senza pagare sia un peccato veniale. La risposta a questa domanda, come spesso accade, dipenderà non solo dalle multe, ma dalla capacità di educare il pubblico e offrire alternative accessibili e legali.
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